Ho fame di te – I parte


Come un male oscuro ti entra dentro, scava nei tuoi pensieri, imprigiona la tua anima, s’impossessa di te come se fosse il Demonio. E non ti lascia in pace, ne’ oggi, ne’ domani, ne’ mai. Ne puoi solo conservare i segni, e stare zitta.

Ho sempre saputo quanto fossi carina di viso, tanto che conoscevo il modo di valorizzarlo al punto tale che difficilmente gli uomini riuscivano a resistere al mio sorriso. Mi dicevano che se sorridevo mi illuminavo tutta, dagli occhi alla bocca. Un atteggiamento accuratamente studiato il mio, sul quale contavo quando volevo far colpo su chi m’interessava.

L’avevo osservato a lungo da lontano, ben prima che lui si accorgesse di me. Mi incuriosiva ed avevo deciso che l’avrei conosciuto. Programmavo con cura ogni momento della mia vita, ed ogni mia seduzione era perfettamente pianificata, prevista, voluta. Scelsi di farmi incrociare in palestra, quella che lui frequentava. Avevo atteso pazientemente e studiato ogni sua mossa. Ero arrivata persino a cronometrare i tempi in cui lui arrivava ed usciva, e su quelli avevo regolato le mie finte entrate ed uscite, con millimetrica precisione.

Ero vestita di nero, intabarrata in un ampio giaccone imbottito, ed i miei capelli corvini fuoriuscivano dalla cuffietta di lana, Questo faceva risaltare ancor di piu’ i miei grandi occhi chiari, apparentemente distratti, ma in realta’ attenti a cogliere ogni piccolo dettaglio di cio’ che mi circondava. Lui, come previsto, mi fermo’ con una scusa qualsiasi, ed io con splendida naturalezza colsi l’occasione come un pretesto per iniziare la conversazione. Fin da subito tento’ d’invitarmi a cena, ma io declinai, facendogli cambiare rotta abilmente su un innocuo cinema serale. Penultimo spettacolo cosi’ da non fare troppo tardi.

Questo mio comportamento sembro’ non infastidirlo, tanto piu’ che io il cinema lo amo davvero in modo viscerale, e glielo manifestai con un entusiasmo quasi infantile. Mi vide ridere e piangere mentre partecipavo alla storia sullo schermo, agitandomi sulla sedia come se la vicenda mi coinvolgesse personalmente. All’uscita elaborai per lui una recensione scrupolosa del film, da vera esperta, e lui si meraviglio’ per come avessi individuato ogni piu’ piccolo dettaglio, finanche gli accorgimenti tecnici e le implicazioni emotive. Mi guardava gesticolare animatamente, ipnotizzato da quella mia affettata vitalita’. Percepivo che era affascinato da me, da quello che dicevo, da come mi muovevo. Ero la sua star.

I nostri incontri diventarono presto una gradevole consuetudine. Lui si prodigava per colmarmi di attenzioni sfoderando tutta la dolcezza di cui era capace. Talvolta tentava di accordarsi con me per passare insieme il tempo in palestra, ma io prontamente sviavo. Gli inventavo che avevo sempre qualcosa di diverso da fare: aerobica quando lui era a far pesistica, oppure acquagym quando lui era a fare spinning. Pero’, ogni volta, puntualmente, mi facevo trovare all’uscita.

– Ciao Andrea.
– Ciao Chiara! Ho una fame incredibile. Vieni a mangiare qualcosa?
– Ho gia’ mangiato. Mangio sempre prima, altrimenti poi mi abbuffo e rendo inutili gli sforzi che faccio in palestra.
– Beh, mi sembri in perfetta forma. Mi sa che non sgarri mai, tu.
– Infatti. Devo stare attenta, tendo a ingrassare facilmente. Ma se vuoi ti accompagno. Tu mangi, ed io magari bevo una centrifuga per reintegrare i liquidi.

Cosi, mentre lui si avventava sugli hamburger, io sorseggiavo la mia bevanda. Poi, con la scusa di rimettermi a posto il trucco, andavo in bagno e di nascosto facevo cio’ che nessuno doveva sapere.

***

Sono stato davvero un ingenuo. Se ci penso non riesco a capacitarmi di come non mi sia accorto subito della sua eccessiva magrezza. Sembrava alta e snella, come tante ragazze che di professione fanno le modelle, cio’ che lei mi aveva detto di essere. Indossava tailleur sobri ed eleganti, con pantaloni larghi che lasciavano immaginare gambe lunghe, e la vita sottile appariva soltanto come un piacevole dettaglio di un fisico adolescenziale unito al risultato dell’attivita’ ginnica che immaginavo facesse. Aveva il seno piccolo, questo e’ vero, ma pareva ben scolpito sotto i suoi dolcevita immancabilmente neri.

Guardando Chiara si poteva pensare alla perfezione. Tutto in lei evocava armonia e bellezza. Come ad esempio i “non colori” che sempre sceglieva per i suoi abiti: monocromie minimaliste, giocate sul nero e sugli infiniti toni del grigio. Era attenta ai particolari, precisa in ogni suo atteggiamento, in ogni suo gesto. Non lasciava nulla al caso, e soltanto la mia inesperienza mi aveva fatto scambiare quel nostro primo incontro come un evento fortuito. Cio’ che non ho ancora capito e’ se con me avesse programmato anche il sesso, oppure se la situazione le sia sfuggita di mano cosicche’, suo malgrado, si sia trovata coinvolta nonostante avesse creato i presupposti per tenere a freno sia i miei che i suoi desideri.

Il suo comportamento era quanto di piu’ intrigante potesse esistere; un misto di accondiscendente sensualita’ e di ingenua riluttanza. Chiara era cosi’ piena di vitalita’ che, immaginandola a fare sesso, non poteva che rivelarsi una femmina sfrenata e disinibita. Una tentazione irresistibile, persistente che mi faceva immaginare le cose incredibili che avremmo fatto a letto, e quell’estenuante attesa per me rappresentava una vera e propria sfida.

Ero cosi’ infatuato che mi ero fatto contagiare dalla sua esagerata meticolosita’. Ero arrivato addirittura a pensare che la nostra prima volta avrebbe dovuto essere il compimento di un desiderio scientemente portato al limite, trattenuto, protratto, rimandato, ed alla fine raggiunto a poco a poco, perche’ potesse essere ricordato come un qualcosa di memorabile. In tale modo seguivo il suo profumo di femmina, individuando gli aspetti di un erotismo raffinato a me sconosciuto, un po’ sadomasochista, ma anche estremamente affascinante.

Ci conoscevamo da quattro settimane ed ero riuscito ad ottenere da lei solo qualche bacio. Ogni volta era un’autentica tortura: sfioramenti di labbra giocherellati sulle punte delle lingue. Odori, sapori, languori, provocazioni, titillamenti di durata ed intensita’ estenuante, prolungati oltre ogni limite di tolleranza. Tanto che, dopo essermi nutrito di quei baci consumati sulla soglia di casa sua, mi ritrovavo supplichevole a fissarla in quei suoi grandi occhi, per trovare in lei una risposta alla mia eccitazione. Avevo fame di lei e sapevo che anche lei ne aveva di me. Me lo faceva capire quel suo respiro affannoso ed il modo in cui il suo corpo rispondeva alle pressioni del mio.

***

La sera in cui Andrea riusci’ ad espugnarmi non avevo messo in conto che gli avrei ceduto. Era riuscito a farmi bere, sconfiggendo la mia abituale riluttanza per qualsiasi bevanda che non fosse dietetica e senza zucchero. Lo champagne mi aveva resa euforica ed insolitamente audace. Ero persino arrivata a strusciare la mia gamba contro la sua, sotto il tavolo, guardandolo in modo lascivo. Un segnale di disponibilita’ inconsueto che lui colse prontamente, e quando fummo sulla porta di casa mia, invece di fermarsi ad assaporare i miei baci come ogni altra sera, mi disse con tono deciso: “Salgo con te”.

Acconsentii, ma appena varcata la soglia pensai che forse avevo commesso un errore. Nonostante mi fossi calata in quella parte di spudorata mangiatrice d’uomini, non era mia abitudine far entrare estranei nella mia tana, in quel rifugio che avevo progettato e realizzato secondo cio’ che sentivo di essere, intimamente. Quella casa parlava molto di me e nel mio inconscio avevo timore che dicesse troppo, anche cio’ che non desideravo fosse rivelato.

(Continua…)