Devirtualizzazione

Ritengo ormai di essere fuori posto nella tua vita.

Come per Melquíades il mio tempo e’ finito.

Hai scelto. Hai sancito la fine dell’adolescenza. Sei cresciuto e mi hai lasciata indietro, in un luogo dal quale non posso piu’ raggiungerti.

Io non voglio crescere. Voglio ancora vivere questa eta’. L’eta’ dell’innamoramento e non dell’amore…

Non penso che, se ti seguissi, sarei piu’ felice. Non lo penso, no. Preferisco restare nel mondo della fantasia.

Continuero’ a credere alla magia, mentre tu affronterai la realta’. Vivro’ nell’isola che non c’e’, mentre tu percorrerai le strade dell’esistenza. Restero’ bambina mentre tu vivrai da adulto.

Quando l’affronterai, la realta’, capirai. Il meccanismo innescato non ti permettera’ di retrocedere neanche piu’ di un secondo mentre io viaggero’ nel tempo e nello spazio che per me non avranno confini.

Avevi modo di beffarti della natura. Potevi restare bambino per sempre, ma sei caduto nell’inganno ed hai voluto aprire la porta che avrebbe dovuto restare chiusa.

Crescendo dimenticherai questa eta’. La piu’ bella. L’eta’ in cui, se lo desideri, puoi anche volare.

Come ricorderai i momenti passati con me? Non li ricorderai con nostalgia?

Ti avevo avvertito ma non mi hai ascoltata.

Io ero Melquíades, io ero Peter Pan, io potevo esistere solo nel mondo fatato degli adolescenti.

Ti ho insegnato a volare, a combattere contro i pirati… ti ho mostrato il segreto della pietra filosofale che tramuta il vile metallo in oro. Per te sono stata Peter Pan, sono stata Melquíades.

Le adolescenti come me sono sempre innamorate ma non amano mai.

Me ne andro’, da sola, alla ricerca di Aureliano Buendia, di Campanellino e di Capitan Uncino.

Se un giorno li trovero’, li salutero’ per te.

Uno zingaro corpulento, con barba arruffata e mani di passero, che si presentò col nome di Melquíades, diede una truculenta manifestazione pubblica di quella che egli stesso chiamava l’ottava meraviglia dei savi alchimisti della Macedonia. Andò di casa in casa trascinando due lingotti metallici, e tutti sbigottirono vedendo che i paioli, le padelle, le molle del focolare e i treppiedi cadevano dal loro posto, e i legni scricchiolavano per la disperazione dei chiodi e delle viti che cercavano di schiavarsi perfino gli oggetti perduti da molto tempo ricomparivano dove pur erano stati lungamente cercati, e si trascinavano in turbolenta sbrancata dietro ai ferri magici di Melquíades. “Le cose hanno vita propria” proclamava lo zingaro con aspro accento, “si tratta soltanto di risvegliargli l’anima.” (Gabriel Garcia Marquez – Cent’anni di solitudine)

Una Risposta to “Devirtualizzazione”

  1. davide Says:

    Cara Chiara,

    in genere quando leggo le tu belle poesie preferisco non scrivere commenti, perché esse riguardano i sentimenti e le emozioni, che vanno vissuti e non dibattuti.

    Però, comunque, voglio dirti che provo sempre un senso di piacere e di nostalgia quando nei tuoi scritti rimembri, metaforicamente, l’età dell’infanzia. Probabilmente dentro ognuno di noi c’è un bambino che sogna i bei tempi spensierati della sua fanciullezza.

    Tanti saluti dal tuo Davide

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